Non possiamo pensare di motivare gli altri con la nostra motivazione!
Nella mia esperienza professionale, ho ascoltato spesso manager (di solito uomini) fare discorsi motivanti utilizzando il linguaggio dell’eroe e della guerra: “combatti, non mollare, tieni duro, non arrenderti, sii cattivo, …”
Personalmente, non è mai stato il mio linguaggio motivante, non ha effetto su di me.
Ho visto persone, invece, che si fanno in quattro per la gloria, la visibilità, il riconoscimento pubblico, non importa quanto debbano faticare o quanto quelle ore di lavoro siano pagate. La gratificazione più grande è il riconoscimento altrui, la fama, il successo.
Personalmente sono stata motivata da questo driver quando ero più giovane.
Ho poi conosciuto capi che per premiare la squadra, la portavano fuori a cena, in vacanza, a bere, a divertirsi, fuori dall’orario di lavoro, nei weekend.
Quando ero una giovane mamma ero molto in difficoltà con queste iniziative, perché sacrificavano il tempo con i miei figli, spesso rinunciavo, ma poi mi sentivo “fuori” dal gruppo.
Adesso che i miei ragazzi sono grandi mi sento più libera di scegliere di partecipare ma non sempre ho voglia di passare il mio tempo libero con i colleghi, soprattutto se poi si finisce per parlare sempre di lavoro!
Molto frequentemente si usano riconoscimenti economici e di carriera per motivare le persone a dare il massimo: premi, bonus, promozioni. Si tratta di fattori motivanti esterni, per pochi, per i migliori, stimolano la competitività e non sempre la collaborazione.
Non nego che questo fattore mi dia soddisfazione, ma osservo che è una soddisfazione momentanea che spesso porta subito alla ricerca di altri obiettivi e altri premi. Non è il fattore chiave della mia motivazione.
Ma cos’è la motivazione al lavoro?
È quella spinta interiore spontanea che genera nelle persone la determinazione ad agire proattivamente, responsabilmente e con passione al fine di raggiungere gli obiettivi lavorativi.
Cosa ci dicono le Neuroscienze?
Il meccanismo neuro-fisiologico della motivazione è chiamato “reward system” ed è un circuito cerebrale che connette le regioni della corteccia prefrontale, coinvolta nelle funzioni di pensiero superiori, con i gangli della base, un’area sottocorticale parte del sistema limbico ed emotivo e il talamo. Nel cervello il comportamento motivato corrisponde a una attivazione fisiologica legata all’attesa della ricompensa e la dopamina è il neurotrasmettitore coinvolto.
Sono molteplici le chiavi di accesso al piacere e alla dopamina, alcune sono intrinseche (ad es. il divertimento, il piacere di impegnarsi, il sentirsi utili, il sentirsi al sicuro, l’apprendere) e altre estrinseche (ad es. il cibo, il denaro, il sesso, il potere, il riconoscimento sociale).
Dunque, molteplici dovrebbero essere i sistemi di reward che le organizzazioni possono attivare per motivare persone diverse, in fasi di vita differenti, che parlano linguaggi eterogenei e sono guidate da desideri mutevoli.
Per sapere quale sia il più appropriato per un team in un dato momento è però necessario mettersi in ascolto, non far riferimento ai propri fattori motivanti e soprattutto avere il tempo per farlo, ritagliarselo questo tempo, considerarlo importante e prioritario.
Volete sapere dunque ciò che mi motiva di più al lavoro in questa fase di vita?
La possibilità di:
- confrontarmi con persone stimolanti, diverse da me, che mi portano punti di vista differenti dal mio
- imparare cose nuove, leggere, studiare, sperimentare
- avere piena autonomia nella gestione del mio lavoro e quindi sentirmi addosso la fiducia delle persone con cui collaboro e da cui dipendo
- avere tempo per creare, inventare, ideare
- avere accanto persone con cui poter ridere ma anche piangere, condividere cose leggere e profonde, personali e non.
Alziamo dunque le antenne, facciamo e facciamoci domande, cerchiamo di capire cosa è importante per noi qui e ora e cosa è importante per ciascuno dei nostri collaboratori!
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