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Pronto soccorso emotivo: Il Giudice interiore

Fateci caso, al risveglio di solito è la prima cosa che compare appena ci alziamo dal letto: il nostro giudice interiore.

Appare nella forma di un giudizio, una preoccupazione, un’incertezza, un pensiero che ti spinge a fare. Un criticarti per qualcosa che hai o non hai fatto o pensato. É la presenza più consistente nella nostra vita ed anche la relazione più antica che abbiamo.

Il nostro giudice interiore è quella vocina, quel dialogo interno, che non ti fa sentire in pace con te stesso, con ciò che sei e con la tua esperienza nel presente. La sua presenza è sottostimata, anche se avvertita, visto che dirige almeno il 90% delle nostre giornate.

La sua attività la possiamo riconoscere ogni volta che una voce interna ci dice “non ce la farai” oppure “non sei abbastanza”. A volte colpisce maggiormente il corpo con tensioni e somatizzazioni oppure il piano emozionale spesso con un senso di ansia. Questa istanza vigila ed interviene, creando dei blocchi psico-fisici ed aumentando il senso di inadeguatezza, ogni volta che cerchiamo di dare spazio alla nostra vera natura.

Fateci caso, anche in questo momento, semplicemente chiudiamo per qualche secondo i nostri occhi, portiamo attenzione al respiro e ascoltiamo i pensieri che ci arrivano.

..Fatto?

Provate solo per qualche istante

Se lo avete fatto vi sarete accorti che si instaura subito un dialogo interno, pensieri che arrivano inaspettati, spesso giudizi su di noi, su cosa stiamo facendo oppure sugli altri.

O magari non lo avete fatto proprio perchè è arrivato il giudice a sentenziare che ”non fosse il caso di farlo”.

Il giudice interiore è impegnato costantemente a criticare, valutare, giudicare, paragonare e commentare sulla tua esperienza, te e tutto ciò che ti circonda.

Quando non conosciamo il funzionamento della nostra mente e come canalizziamo i nostri pensieri, è facile essere sopraffatti dalla nostra radio interiore (”radio thinking”, la chiamava Thick Nathan Han), in cui è molto presente il nostro giudice interno.

Lo possiamo notare nel quotidiano, ad esempio provando avversione quando ci guardiamo allo specchio, oppure invidia per l’aspetto di altre persone. Inoltre potremmo provare avversione verso noi stessi perché non riusciamo ad essere ciò che vorremmo o perché ci sentiamo non compresi nel mondo o non abbastanza visti.

Quando la nostra mente è piena di pensieri ed emozioni di questo tipo è molto difficile fare qualunque cosa. Abbiamo troppe voci nella testa contrastanti e critiche. Lo riconoscete? E’ sempre lui, il nostro giudice interiore, sempre impegnato a valutare, criticare, dire che non andiamo bene, paragonare e commentare sulla tua esperienza, presente, passata e futura.

Lo possiamo sentire discutere sotto forma di dialogo interno, ad es. su cosa dobbiamo o no mangiare.

Possiamo però iniziare a dare ai nostri pensieri un nome a seconda di quale sia la loro funzione, iniziamo con questi tre:

Il perfezionista, l’istigatore e il critico interiore.

Vediamoli nel dettaglio.

Il perfezionista interno guarda in giro e si occupa di cercare esempi di perfezione a cui dobbiamo non solo aspirare, ma cercare in tutti i modi di raggiungere. Se il perfezionista interno è interessato all’immagine corporea guarderà ai canoni di bellezza dell’epoca in cui si trova, prendendo a suo modello ciò che valuterà come il ”modello perfetto”. Senza nemmeno tenere in considerazione ad esempio della veridicità di quella immagine, la costruzione sociale dietro la sua diffusione, e la peculiarità del proprio corpo.

L’istigatore  sa cosa dobbiamo fare per accontentare il perfezionista e seguire quel modello ideale scelto. Non ci interroga, non ci spinge alla riflessione, non mette in discussione quanto scelto ma è un esecutore a tutti gli effetti e ci spinge in questa direzione. Ci spingerà a fare lunghe liste di cose da fare, liste di improbabile realizzazione, ma una volta non raggiunto il compito c’è qualcuno pronto ad intervenire..

Il critico interiore. Il suo compito è appunto criticare. Quindi qualunque cosa gli capiti sotto tiro non perde occasione, non è mai soddisfatto. Ha sempre molto da dire. Più critiche offre, più si sente soddisfatto rispetto al suo compito. Un buon indizio della sua presenza è quando sentiamo le parole “dovresti” o “non dovresti”.

La Mindfulness può aiutarci a calmare e regolare la mente, a far spazio intorno a queste voci interiori. Possiamo così iniziare a sbrogliarle e ad ascoltare ciò che vogliono dirci. Quando ci ascoltiamo, diamo un nome ai pensieri, scopriamo che queste voci interne ci acchiappano impadronendosi della nostra mente e della nostra vita.

Per questo la mindfulness che ci concentra sul momento presente in parte vanifica il suo operato. Ci riporta all’esperienza di cosa sta accadendo realmente nella nostra mente, nel nostro corpo, qui e ora, senza critiche o paragoni.

Quando il trittico Perfezionista, Istigatore e Critico interiore governano la nostra mente compromettono la fiducia in noi stessi e negli altri e possono farci smettere di fare ciò che ci piace e ci nutre. Come scardinare quindi le convinzioni suggerite dal nostro giudice interno?

La Mindfulness ci permette di svelare la trappola dei pensieri in tutte le sue sfumature iniziando con l’osservare il territorio di noi dove risiede ciò che non ci piace, che non accettiamo, che ci crea imbarazzo e che in questo momento riteniamo impossibile da accettare.

Proviamo a sentire il giudizio e la conseguente vergogna che si sistemano al centro del nostro petto o alla bocca dello stomaco. Ti ricorda qualcosa questa spiacevole sensazione?

Innanzitutto prova ad osservare le voci della tua mente e a catalogarle come:

  • Il perfezionista
  • L’investigatore
  • Il critico

Mentre ci sediamo in meditazione pian piano diveniamo in grado di accogliere tutto ciò che si presenta e a dare valore alla nostra esperienza con la fiducia che passi.

Riconoscere che il nostro disagio ha un valore, spiana la strada alla nostra parte più tenera e vulnerabile. Con l’allenamento a stare sul nostro cuscino da meditazione e osservare la nostra mente, anche il nostro giudice interiore verrà riconosciuto e nominato.

Lo trattiamo con maggiore gentilezza e si sa, dare un nome alle cose significa riconoscerle e iniziare a padroneggiarle.

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