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Discorso semi-serio sull’agitazione mentale durante la meditazione

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Non guardare al passato con rabbia o al futuro con ansia, ma guardati intorno con attenzione
— James Thurber —

Praticare la mindfulness può presentare alcuni ostacoli. Ma anche la vita li presenta, d’altronde. In entrambi i casi, possiamo gestirli e superarli, diventando più forti proprio grazie a quegli ostacoli. Uno degli ostacoli che possono sorgere durante le meditazioni formali (specialmente la meditazione seduta) è l’irrequietezza.

Proviamo a immaginare questa scena.

Abbiamo appena iniziato un corso di mindfulness o il programma terapeutico per lo stress, e seguendo le indicazioni dell’istruttore, ci accingiamo a svolgere le pratiche a casa, in modo da approfondire la nostra esperienza. Avvertiamo chi abita con noi di non chiamarci per il prossimo lasso di tempo perché ci metteremo a meditare.

Impostiamo il telefonino in modalità silenziosa, fissiamo la sveglia a 30 minuti da adesso, ci sediamo sulla nostra sedia, ci stabiliamo nella postura corretta e chiudiamo gli occhi. Trenta minuti di pratica.

Iniziamo a respirare. (Perché, prima non respiravamo? Sì, ma in un certo senso no).

Un pensiero attraversa la nostra mente; lo vediamo passare, ancorandoci al respiro.

Avvertiamo un prurito al braccio; ci grattiamo automaticamente. “Accidenti, l’automatismo!” ci rimproveriamo, e torniamo a concentrarci sul respiro.

Respiriamo. Respiriamo. La cena con gli amici in programma per la sera ci balena in mente, con tutte le buone pietanze che già pregustiamo nella nostra fantasia. Ci siamo distratti (chissà per quanto tempo). Ritorniamo a respirare. (Prima non respiravamo? Effettivamente no, stavamo pregustando la cena). Respiriamo.

A questo punto, iniziamo a sentire un fastidioso dolorino alla schiena: sarebbe così comodo potersi appoggiare allo schienale. La nostra catastrofica mente già ci immagina paralizzati e storpi come conseguenza del dolore alla schiena, e ci domandiamo quanto costino al giorno d’oggi le visite ortopediche. Ecco, ci siamo distratti di nuovo. Torniamo al respiro.

irrequietezza-mindfulness-meditazione

Respiriamo. Respiriamo.

Rimaniamo ben concentrati sul respiro (“Bravo!”, ci facciamo i complimenti da soli). All’esterno un’auto passa suonando il clacson tre volte e ci spaventiamo. Sussultiamo e apriamo gli occhi di colpo, come se dovessimo difenderci dall’attacco di un leone. Il nostro cuore batte veloce e le cosce sono tese come quelle di un saltatore in alto prima del balzo. (“Che idiota”, un insulto gratuito).

Torniamo al respiro. Il cuore rallenta, rilassiamo le cosce, abbassiamo le spalle e seguiamo l’aria che entra e che esce. Un uccello cinguetta. La primavera è la nostra stagione preferita. Torniamo al respiro. Respiriamo. Chissà come faremo a praticare sul respiro se ci viene il raffreddore: sarebbe più difficile.

D’altronde, non si può essere mindful solo quando si sta bene.
Sbuffando per l’ennesima distrazione, torniamo al respiro.

Respiriamo. Chissà quanto tempo manca. Respiriamo. Non possiamo guardare la sveglia.

A un certo punto ci accorgiamo che stiamo muovendo ritmicamente il piede destro. Ma chi l’ha deciso? L’abbiamo deciso noi? E quando? È stato l’automatismo. Fermiamo il piede. Ritroviamo il contatto del piede con il pavimento. Respiriamo. Che fatica.

Iniziamo a chiederci se è giusto il modo in cui pratichiamo. È una continua distrazione, forse stiamo sbagliando qualcosa. Meditare dovrebbe essere rilassante, se non mi rilasso quando medito, quand’è che posso rilassarmi? Cos’ha detto l’istruttore del corso terapeutico? Cos’ha detto il maestro di Yoga di mia cognata? Non ricordo.

Interrompiamo di colpo questo dialogo interno e torniamo al respiro. Respiriamo. Respiriamo. La schiena fa un po’ meno male; forse l’ortopedico può aspettare. Seguiamo il respiro. Il respiro è la nostra ancora nel qui-e-ora. Respiriamo.

E quella scadenza al lavoro?!? Una pila disordinata di scartoffie ci attende sulla scrivania lunedì, pronta a crollarci addosso alla prima pausa caffè.

Non è il momento di pensarci. Ora stiamo meditando. Torniamo al respiro.
Seguiamo il respiro…e così via fino alla prossima distrazione.

respirazione - irrequietezza

 

L’IRREQUIETEZZA: UNO DEI 5 IMPEDIMENTI

Questo discorso semi-serio sull’agitazione è da considerarsi frutto di fantasia, benché molto realistico. Verosimilmente, sarà l’esatta copia di quello che vi capiterà alla vostra prima pratica in autonomia. E forse anche alla centesima.

L’irrequietezza è considerata, nella letteratura buddhista, uno dei Cinque Impedimenti della meditazione: essa si manifesta a livello mentale tramite pensieri, associazioni mentali, ricordi, immagini, dialoghi interni, eccetera, o a livello fisico tramite movimenti involontari e spesso inconsapevoli dei muscoli, delle gambe, tramite pruriti irresistibili e impulsi ad alzarsi e a fare qualsiasi altra cosa che non stare seduti in meditazione.

Talvolta, questo stato di agitazione, fisica o mentale, può diventare un serio ostacolo nella nostra pratica, fino a farci credere che non siamo portati per la meditazione o che la meditazione non faccia per noi. Possiamo giustificarci dicendo che siamo persone più propense al movimento e all’attività fisica e che troviamo difficile rimanere fermi.

Il punto è che l’irrequietezza fisica e/o mentale non è affatto un problema da correggere né un errore di pratica. Non esistono errori di pratica.

La nostra cultura e la nostra educazione ci hanno abituati a pensare che se non facciamo le cose in una determinata maniera stiamo sbagliando e che sforzandoci più duramente otterremo risultati migliori.

Nella pratica della mindfulness, siamo liberi di abbandonare (il più in fretta possibile) questa logica produttivista per riposarci semplicemente nell’esperienza del momento, qualunque essa sia.

La nostra mente è continuamente distratta da mille pensieri, ragionamenti, paure proprio quando ci sediamo a meditare? In realtà, tutto quel lavorio mentale è presente continuamente, solo che quando ci sediamo a meditare ce ne rendiamo conto in misura maggiore. Ma va bene così, non stiamo sbagliando e la pratica avrà ugualmente i suoi benefici su di noi. Perché? Perché si tratta di un ALLENAMENTO.

COME IN SEDUTA, COSÌ NELLA VITA

Nelle nostre pratiche sedute, la mente riproduce esattamente quello che fa durante la nostra giornata. Se ci ritroviamo distratti da mille pensieri durante la pratica, è perché anche la nostra vita è strattonata in mille direzioni. Infatti, se meditiamo in momenti più sereni, noteremo come anche la nostra pratica sembri essere più tranquilla, “meno disturbata” dalle distrazioni, anche se non si tratta di disturbo.

La Meditazione fa semplicemente da specchio, permettendoci di vedere quello che si muove dentro di noi, di esserne consapevoli a livello percettivo e non soltanto intellettuale, per poter liberare un nuovo potenziale di scelte e di azioni non reattive.

Dobbiamo smettere di etichettare la nostra pratica come “efficace” o “non efficace”, e imparare a fare questo importante primissimo passo: accettare l’esperienza così com’è. Solo dopo, potremo modificarla.

Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo

— Blaise Pascal —

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