La diretta del secondo intervento di Jon Kabat-Zinn a Wisdom 2.0 si apre con lui, seduto in silenzio davanti allo schermo. Gli occhi sono chiusi, il volto concentrato e assorto. Per qualche secondo rimango “sospesa” in questa breve unità di tempo, all’interno di una sospensione ben più lunga: il tempo del coronavirus, un tempo di scuotimento, un tempo di traghettamento dell’intera umanità ad una più espansa coscienza collettiva. Rimango in attesa e … “l’attesa non la devi misurare, ma solo ascoltare…”
La campana non è ancora suonata, eppure il contegno e la postura “regale” della centratura e del raccoglimento di Jon mi catapultano immediatamente nel mio stesso spazio interiore. Per una manciata di secondi siamo io, Jon, il silenzio e migliaia di invisibili altri.
La parola attesa arriva, plana e atterra nell’orecchio della mia mente-cuore:
“Lo scorrere della vita … nel momento presente … e quanto valore aggiunto nel condividere insieme questo “spazio di cuore”, nella rete dello spazio “cibernetico”, mentre continuiamo a mantenere questo distanziamento sociale, aderendo all’invito di prenderci davvero cura gli uni degli altri, restando a casa e usando la rete, in modo da tenere questa infezione virale altamente contagiosa, sotto un certo grado di controllo, per poi gettarcela dietro le spalle.
Tutto ciò sta sconvolgendo le nostre vite, ovunque e in misura enorme, e desidero davvero onorare il fatto che qui si stia formando una COMUNITÀ, e che si stiano formando molte comunità con insegnanti di meditazione, insegnanti di dharma, musicisti, artisti, maestri, maestri di scuole elementari, bambini: tutti alla ricerca di un modo per essere davvero insieme a prendere RIFUGIO NELLA NOSTRA PROFONDA INTERCONNESSIONE. La pratica meditativa formale, la coltivazione formale della Mindfulness o consapevolezza (spaziosa presenza a cuore aperto) è in un certo senso un atto radicale di affermazione che noi SIAMO insieme e che i nostri confini non terminano con la nostra pelle. Per cui quando sediamo – letteralmente e metaforicamente – ci stiamo di fatto impegnando in qualcosa che riconosce la nostra profonda interconnessione, riconosce che siamo più grandi delle storie personali che ci raccontiamo, delle paure che proviamo quando le nostre storie personali cadono in pezzi. Sono tante le storie crollate nei giorni e settimane scorse: nessuno si aspettava che qualcosa di tale magnitudo potesse sconvolgere l’intero globo con la minaccia di malattia e di morte, e che saremmo stati chiamati ad affrontare quel qualcosa, collettivamente, come specie.
È dunque un ATTO RADICALE DI SANITÀ, per noi, riunirci insieme in questa modalità ed essere insieme e, sebbene io non possa vedere il migliaio, le dieci migliaia o qualunque sia il numero di persone presenti sullo schermo, io sento che posso sentirvi, so che siete presenti e so che continueremo a lavorare insieme, non solo in questo modo o forse in diversi modi o forse nello stesso modo. Sono pronto a farlo perché sento di fare parte di un tutto ben più grande di tutti noi messi insieme, che stiamo imparando ad adattarci a queste circostanze, per imparare le vere lezioni da trarre quale specie, nazioni, cittadini, per non commettere altri errori che comportino un rischio ben più grande, se ciò dovesse ripetersi o ripetersi in modi ancora peggiori.
Allo stesso tempo, vorrei riconoscere la possibilità che le persone che hanno più bisogno di partecipare a questo programma o a questa “chiamata” – comunque la si voglia definire – non abbiano le risorse per farlo, sia che si tratti di tempo, sia che si trovino là fuori in prima linea a rispondere per primi in un modo o nell’altro, sia che stiano sostenendo le persone che vi si trovano, sia che siano coloro che ci portano da mangiare, oppure le persone che potrebbero non avere da mangiare o un tetto o anche i mezzi per possedere un computer o a maggior ragione un accesso a internet quindi, se stiamo prendendo parte a questa convocazione, allora significa davvero che in un certo senso è un lusso: abbiamo il privilegio di prenderci questo momento, arrivare qui e sintonizzarci con gli strumenti della nostra stessa attenzione, della nostra stessa consapevolezza, del nostro Essere e in tal modo rispondere, piuttosto che reagire, trovandoci in livelli pazzeschi di stress, disagio e sofferenza sia emotiva, sia fisica, specialmente se ci siamo ammalati e se siamo preoccupati per altri che in questo momento stanno sperimentando tutto ciò a livello globale, in alcuni luoghi, più che in altri”.
Jon passa dunque ad introdurre la pratica meditativa, dando precise istruzioni e, dopo aver cavalcato tutti insieme le onde del respiro che “si prende cura di sé” mentre “veniamo respirati”, prendendo rifugio nei tranquilli fondali della nostra dimensione più profonda e allenandoci in “una vera storia d’amore con la salute”, si rivolge in particolar modo ai partecipanti ai programmi di Mindfulness:
“Alle persone che partecipano ai nostri programmi di MBSR, vorremmo dire che negli ultimi 40 anni sono arrivate persone con ogni possibile e immaginabile diagnosi medica, problema cronico o sofferenza da stress che si conosca “sotto il sole” e dalla nostra prospettiva, a loro diciamo: “Il solo fatto di respirare, vi dice che quello che va bene nella vostra vita supera quello che non va”. Qualunque sia il vostro problema, noi innaffieremo energia in ciò che è buono in voi … Lo faremo sotto forma di attenzione, consapevolezza, compassione, cuore aperto, riconoscimento e lasceremo, invece, al sistema sanitario, il compito di occuparsi di ciò che non va (stiamo ora parlando di malattie croniche e non di un’infezione acuta). Vedete cosa accade! Ciò che è accaduto negli ultimi 40 anni è che centinaia di migliaia, o forse milioni di persone hanno scoperto di poter svolgere un ruolo fondamentale nella loro salute e benessere, facendo progressi nella loro vita: è una grande avventura! Sicché la meditazione non è qualcosa che dovete fare e che richiede tempo nella vostra giornata piena, la vera meditazione è COME vivete le vostre vite, come viviamo le nostre vite, istante dopo istante.”
Poi Jon si riallaccia al discorso iniziale, al nostro privilegio:
“Quindi in un certo senso si tratta di una sorta di celebrazione delle nostre differenze, celebrazione delle nostre straordinarie somiglianze e anche un riconoscimento di quanto siamo privilegiati in questo momento di crisi nel poter addirittura prenderci del tempo come questo, per riunirci in questa modalità e giocare, esplorare, avventurarci, connetterci e perché? Perché c’è internet e abbiamo un luogo dove andare… Se ciò fosse accaduto 40 anni fa, saremmo di gran lunga più isolati! E non prendiamo internet per scontato, perché anche questa è una fabbricazione umana e la rete potrebbe di fatto collassare e noi non saremmo nelle condizioni di fare ciò che stiamo facendo, eppure, anche in quel caso saremmo ancora altrettanto integri, ancora altrettanto belli, ancora altrettanto potenti, ancora altrettanto connessi l’uno con l’altro, almeno per il tramite del cuore, almeno a livello della nostra umanità. Ma il fatto che abbiamo internet a disposizione e che la rete non sia ancora crollata, è davvero qualcosa che dobbiamo riconoscere come una benedizione e alla fine, un vero contributo nell’ attraversare e superare questo periodo, nell’essere capaci di guarire, ritemprarci, ristabilirci.
Le pandemie ci sono sempre state, le piaghe hanno sempre fatto visita al mondo. Almeno ora abbiamo una qualche comprensione e stiamo diventando in qualche misura tutti degli epidemiologi semplicemente guardando dei video, guardando i notiziari, leggendo i giornali e tutto può essere parte della nostra pratica di Mindfulness per non rimanere risucchiati e non essere spazzati via dai nostri pensieri o dalle nostre peggiori paure e quindi non poter essere presenti per ciascuno di noi, per le nostre famiglie, per i nostri bambini, per i nostri colleghi, per quelli meno fortunati nel mondo e principalmente per questo nostro mondo che ha così tanto potenziale per fiorire e prosperare e creare un inimmaginabile ben-essere, se solo impareremo alcune delle lezioni che possiamo trarre da questa esperienza, che sta attualmente coinvolgendo l’intero mondo”.
Mancano pochi minuti allo scoccare dell’ora.
Jon si avvia alla conclusione e, nel salutare, precisa che quello che stiamo facendo è
“un esperimento riguardo alla possibilità di coltivare una comunità di saggezza e compassione dove la voce di ognuno, la vita di ognuno e le sfide di ognuno sono parte della conversazione e parte della pratica. In questo senso, siamo costantemente tutti maestri gli uni degli altri”.
Poi torniamo tutti insieme al silenzio e, oltre all’invito a lasciare che la consapevolezza continui a rivelarsi nella nostra vita, ringrazia così:
“Grazie per essere stati presenti e grazie per tutto ciò che state facendo là fuori nel mondo, in qualunque veste lo stiate facendo: come genitori, come insegnanti, come medici, come operatori per chi ha bisogno di aiuto… Quella che stiamo coltivando è una comunità globale ed io mi inchino davanti a ciascuno di voi, per tutto ciò che state facendo là fuori. Sento una profonda, profonda, connessione personale con voi”.
Ormai manca pochissimo alla chiusura! Jon sorride, il volto gli si illumina, ed ecco il suo ultimissimo invito: “As many languages as possible!!!” In men che non si dica, lo schermo si riempie fino all’orlo di migliaia di minuscoli quadratini … siamo noi … siamo tutti noi, i mille volti, le mille voci dell’”esperimento” di questa comunità di saggezza e compassione. Siamo noi – “maestri gli uni degli altri” – con i nostri sorrisi, i nostri tanti “ciao ciao e grazie” in chissà quante lingue. Tutti insieme ad incarnare con la nostra Presenza questa silenziosa e pulsante trama di fili che ci abitano e abitano il pianeta, esercitando il potere dolce e radicale di scegliere di brillare da quel “luogo” spazioso, ospitale, sano e senza confini che è la nostra CONSAPEVOLEZZA.
Liberamente tradotto da Giovanna Santoro
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A presto!